HIDRIA: LA VISIONE DI UN VINO MACERATO IN CEMENTO
Un Orange Wine che profumi di Salento è stata una delle nostre sfide più accattivanti.
Ma come potevamo interpretare un vino macerato attraverso il racconto della nostra terra?
La visione di un vino arriva sempre prima del vino stesso.
E il nostro enologo lo sapeva bene. Lo ha immaginato proprio così: che parlasse la nostra lingua e che rispecchiasse il carattere della nostra Azienda.
ORANGE WINE: né bianco, né rosato… Orange!
Per descrivere un Orange Wine si potrebbe partire dalla sua tecnica di vinificazione, il colore è una conseguenza che richiama l’occhio ma si percepisce maggiormente al palato.La lunga macerazione delle bucce dell’uva con il mosto pone la caratteristica basilare di questa tipologia di vini: uve a bacca bianca vinificate in rosso.
Ispirazioni georgiane
I vini macerati, riproposti principalmente negli ultimi decenni, traggono le loro origini dalla tipologia di vinificazione utilizzata in Georgia. Un salto temporale di migliaia di anni ci riporta a dei vini a bacca bianca macerati nei Kvevri, ovvero i contenitori in argilla simili alle nostre anfore, sotterrati per garantire una temperatura costante.Questa tradizione, ripresa dai viticultori italiani e sloveni a partire degli anni ’90 del secolo scorso, ha dato vita a dei vini dallo stile decisamente particolare, che stuzzica la curiosità degli appassionati per la varietà e complessità dei sentori che porta in dote.
HIDRIA : VERDECA E CEMENTO
Il progetto Hidria, come già accennato in precedenza, si è snodato da una proposta del nostro enologo, il dott. Marco Mascellani.
L’idea di partenza era quella di dar vita ad un vino che, ispirandosi ai macerati georgiani, fosse l’interpretazione di un macerato che parlasse però la nostra lingua.
Infondo, se il vitigno a bacca bianca del Salento è la Verdeca e la nostra tradizionale tecnica di affinamento prevede le vasche in cemento, era presto chiaro quale sarebbe stata la nostra base di partenza!
Nessuna esitazione. Le sfide ci incuriosiscono sempre e poi ci sentivamo in mani sicure, onorati di dare voce a estro e competenza.
Nasce così: HIDRIA
Hidria: l’omaggio a Copertino
Definiti i punti focali della scelta del vitigno e del metodo di vinificazione e affinamento, per una nuova etichetta si presenta un altro interrogativo: quale sarà il suo nome?
Il nome non è questione semplice e scontata.
Per noi nasce dal sentire e non da statistiche o ricerche di mercato. Trovando da ridire per alcuni, crediamo invece che non ci sia niente di più rappresentativo per un’Azienda come la nostra, che la scelta di un nome che abbia intriso in sé un significato, un ricordo, un simbolo.
Insieme a Corte Saggese e Malassiso, abbiamo voluto continuare ad omaggiare la nostra città, evocandone luoghi che sono oramai lontani nella memoria, inglobati in una civiltà in continuo mutamento.
Ne custodiamo il ricordo.
Il boschetto dell’Idri
Il nome Hidria fa riferimento al boschetto dell’Idri, poco fuori le mura della città vecchia, in cui le prime comunità copertinesi nel 1452 costruirono una piccola Cappella in devozione alla Madonna dell’Itria.
Nel 1571 circa, accanto alla Cappella, nei pressi del boschetto, venne fatta costruire una nuova Chiesa e il Monastero dei Padri Domenicani.
In tale luogo, dunque si iniziò a formare un piccolo borgo, rendendo necessario un collegamento più efficiente con la città vecchia e con Porta Malassiso. Hidria, come il Malassiso Rosso Riserva, a ricordo delle nostre radici.
L’inizio di un culto
Riaffiorano elementi comuni tra la Madonna dell’Itria e il culto bizantino della Madonna dell’Odigitria, ovvero la Madonna con in braccio il figlio Divino in atto benedicente, reggente in mano una pergamena.
Varie tradizioni leggendarie si intersecano sull’origine dell’immagine della Madonna bizantina, ognuna delle quali evidenzia elementi in comune e interpretazioni affini.
Il culto della Madonna dell’Odigitria si pensi inizi dall’attribuzione dell’opera all’Evangelista Luca, facente parte dei tre dipinti che San Luca realizzò ritraendo la Madonna mentre ancora era in vita.
Giunto negli anni a Costantinopoli, il dipinto venne custodito per lungo tempo dai Monaci Basiliani nella loro Chiesa sino al sopraggiungere del periodo iconoclastico, dove diventava difficile proteggerlo dalla distruzione.
I monaci così per salvare il dipinto, decisero di chiuderlo in una cassa di legno e affidarlo al mare.
La leggenda narra che la cassa approdò sulle coste dell’Italia Meridionale dove, dopo il suo ritrovamento, l’effigie continuò ad essere venerata. Nella raffigurazione vennero inseriti due Frati Basiliani che sorreggevano la Madonna e il Bambino, a memoria del loro salvifico operato.
Santa Maria dell’Itria, detta anche “Madonna della Strada” ( in riferimento al viaggio dell’Odigitria bizantina) o “Madonna dell’acqua zampillante” ( per via di alcune varianti balcaniche con un otre vicino ai suoi piedi) così divenne la guida celeste di fedeli e monaci perseguitati e itineranti, indicatrice del “Buon Cammino”.
Il culto si diffuse inizialmente in Sicilia, in Sardegna e nel Salento per poi uscire dai confini nazionali. Si sono riscontrate diverse varianti del nome: Idria, Idri, Hidria, Ydria, Indria, Itria, Itri, Hitria, Litria, tutte riconducibili al più esteso Odigitria.
GLI OPPOSTI SI ATTRAGGONO: il progetto “Hidria”
Quando gli opposti si fondono bene insieme, possono dar vita a qualcosa che esula dai punti di partenza.
È dalla simmetria degli opposti che nasce il progetto grafico di Hidria.
Un nome che richiama un ricordo per un’etichetta studiata e pensata guardando al di fuori dei confini nazionali. Un’interpretazione di Orange Wine dall’idioma salentino che esprime tutta la contemporaneità dei suoi tempi. Ecco come racconta la realizzazione del progetto grafico, lo Studio di Branding e Design con il quale collaboriamo. Nju Comunicazione partecipa alla nostra evoluzione, interpretando a pieno lo spirito e i nostri valori aziendali:
“Il concept dell’etichetta di Hidria nasce da un ragionamento semplice:
voler esaltare l’innovazione e la particolarità del prodotto, ovvero un vino macerato in cemento.
Ne nasce un’etichetta semplice, immediata, dove la parte tipografica, elaborata appositamente, diventa predominante e caratterizzante.
Un concept grafico che guarda al mondo dei “nuovi vini” di cui ne vuole far parte, ma rimanendo allo stesso tempo asciutto ed elegante.
L’etichetta è stata stampata su carta Materica, una carta colorata “verde” in pasta, dal tatto ruvido e materico, a voler sottolineare il materiale in cui viene vinificato il vino, il cemento appunto.”
Dall’esterno all’interno: sentori di Sud
L’oro antico del colore è caratteristico del tipo di lavorazione, arricchito da riflessi ambrati che impreziosiscono il calice.
Se lo accosti al naso ti perdi tra la frutta candita, l’albicocca, la scorza d’arancio e cedro. La mediterraneità sarà evocata e arricchita da note balsamiche della nostra macchia.
In bocca è suadente e voluminoso, con un leggero accenno tannico e una bella freschezza che invita alla beva.
IL CEMENTO COME METODO D’AFFINAMENTO
Freschezza, pulizia, autenticità e massima espressione dei profumi sono alcune delle caratteristiche che questo metodo di affinamento consente di conferire ai vini.
Quindi, quali sono i vantaggi della scelta delle vasche in cemento?
- garantiscono l’isolamento termico delle masse mantenendo la temperatura costante;
- proteggono dalle vibrazioni esterne che potrebbero alterare l’evoluzione dei vini;
- concedono la massima espressione dei sentori del vitigno d’origine ( a differenza del legno che cede parte delle sue sostanze aromatiche al vino);
- la loro moderata porosità, pone il cemento come metodo di affinamento intermedio tra il legno e l’acciaio, garantendo un minimo passaggio di ossigeno per una corretta e controllata evoluzione.
DIMMI CHE VINIFICAZIONE FAI… E TI DIRÒ CHI SEI
Le vasche in cemento sono la memoria storica della nostra cantina, integrandosi con la sua struttura, spaziano anche nel sottosuolo.
Rappresentando il tradizionale metodo di affinamento della nostra tradizione vinicola, le abbiamo scelte per caratterizzare il nostro macerato. Il legame tra vitigno scelto (autoctono pugliese) e metodo di affinamento è assicurato.
Le uve di Verdeca infatti, dopo la raccolta a metà di settembre, vengono pigiadiraspate e fatte macerare in vasche di cemento per circa 20 giorni. Il tempo necessario per conferire la tonalità di cui Hidria si caratterizza.
Seguirà un affinamento di 24 mesi in vasche di cemento e successici 6 mesi in bottiglia, prima di essere pronto per la degustazione.
Hidria si presenta come vino non filtrato a decantazione naturale da servire a 15/18°C.
Ottimo in abbinamento con formaggi a media e lunga stagionatura o con carni magre e pesci quali il salmone.
Raccontandoti di Hidria, l’ultimo arrivato in Azienda, abbiamo voluto condividere il percorso creativo e produttivo di un nuovo progetto che pian piano ha preso forma.
Un’altra bottiglia da stappare, un altro viaggio da intraprendere in una terra che cerchiamo di raccontare e rappresentare attraverso la nostra passione.
Sulla nostra pagina Instagram continueremo a condividere la nostra quotidianità “tra vigna e cantina”, insieme a tante altre piccole curiosità sulla nostra Azienda. Ti aspettiamo su:
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